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Archive for the ‘Tales’s tales’ Category

Radio Civetta.

intervistaradiofonica

Ricordate quando ho detto che non vi avrei tediati con troppi dettagli inutili? Mentivo.
O forse sarebbe più corretto dire che procrastinavo… chissà.

Ad ogni modo eccomi qui con tutti gli inutili dettagli del caso, a partire dalla data di messa in onda della suddetta intervista ovvero questa notte a mezzanotte o giù di lì. Dove? Beh, se ve lo dicessi non sarebbe più un dettaglio inutile non credete?

Una sola messa in onda in un orario infelice e nemmeno mi sono preso la briga di pubblicizzarla… eppure posso dirmi soddisfatto dei risultati. Il motivo è semplice: non ho mai pensato che mi avrebbe portato un qualsiasi grado di notorietà, ero semplicemente curioso di scoprire che genere di esperienza fosse. Interessante e utile sotto diversi punti di vista.

Innanzitutto ho sfruttato l’occasione per fare un po’ di auto analisi e focalizzare punti di forza e debolezze, poi ho messo in ordine i pensieri in un discorso di senso compiuto e l’ho suddisviso in agomenti in modo da poterlo più facilmente dirigere verso quello che mi interessava dire. Un gran bel lavoro di concetto che è stato preso a scapaccioni nel momento in cui dalla teoria si è passati alla pratica… mica facile mantenersi fedeli al proprio filo logico quando ci si trova a dover andare al passo della mediazione e delle tempistiche di una terza parte.

A conti fatti avrò detto si è no un terzo di quello che mi ero prefisso e con meno della metà dell’organicità che avrei voluto. In cambio mi sono divertito molto più di quanto mi sarei aspettato e ora mi rimane la curiosità di vedere cosa ne sia venuto fuori… sempre se riuscirò a stare sveglio abbastanza a lungo.

Stay Tuned.

 

 

 

 

La Cattiveria del Giorno: “Domande Cretine.”

10 giugno 2018 1 commento

Ore 14:28, siedo pigramente su una panchina cercando di sopravvivere alla canicola.

Una signora sulla quarantina arriva a passo di marcia e si pianta davanti alla porta della gelateria. Afferra la maniglia, spinge, tira e osserva la porta caparbiamente chiusa. Ripete il gesto un paio di volte, poi si gira…

– È chiuso qui?

Osservo lei, poi la porta…

Vorrei non avere altro da aggiungere, ma prima di desistere ci ha provato altre due volte.

Stay Tuned.

Mea culpa, mea culpa, tua maxima culpa.

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Venerdì scorso ero a Trieste – a proposito, lo sapete che ho scritto un racconto parzialmente ambientato a Trieste? Adesso sì – ero appena uscito da un parcheggio in Via Giustiniano e stavo per immettermi in via Cicerone… è stato allora che ho commesso il primo dei miei crimini contro l’umanità: mi sono fermato per dare la precedenza ad un pedone che attraversava sulle strisce.

Un paio di sacrosante strombazzate di clacson hanno chiarito che cotanta depravazione non era sfuggita all’attenzione della signora alle mie spalle. Non pago, ho avuto l’ardire di non tagliare la strada dell’auto supraggiunta lungo via Cicerone e poiché errare è umano ma perseverare diabolico l’arzilla signora ha dato libero sfogo al proprio biasimo, con una sinfonia perepeggiante e un largo agitare delle mani.

Vi lascio immaginare l’entità del suo furore quando, svoltando al primo incrocio, mi sono permesso di rallentare e – nuovamente – di prendermi il tempo per non centrare un passante. Il suo clacson ha fatto da colonna sonora alla mia manovra e il gesticolare mi ha rovesciato addosso una sequela di improperi daguinnes dei primati. Tanto ardeva la fiamma del suo sacro furore, tanto era intenso il trasporto della sua missione evangelica, che ha centrato il marciapiedi dell’isola spartitraffico del semaforo ed è andata ad adagiarsi contro un palo.

Mai momento fu più adatto per abbassare il finestrino e prodigarsi in un cordiale cenno di saluto.

Stay Tuned.

 

C’era una volta in posta.

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Questa mattina sono stato in posta.
Anche il ventotto novembre sono stato in posta.
Oggi c’era poca gente, la fila scorreva e tutti erano tranquilli.
Il ventotto novembre tutte le sedie erano occupate, cera gente in piedi e il numero di sportelli operativi non era sufficiente a smaltire la calca. Pochi erano tranquilli.

Mi sono diretto al tavolino più vicino accanto al quale c’erano una ragazza di colore, che scartabellava dei documenti e controllava il cellulare; una signora che fissava il tabellone dei turni con aria arcigna e – ora sì, ora no – una donna che andava e veniva attraverso la sala, come uno squalo mannaro. Per non far mancare il mio contributo a quel clima gioioso, ho dato il buon giorno. La ragazza ha alzato lo sguardo e ha risposto con un cenno della testa, l’osservatrice ha borbottato qualcosa tra i denti e la squala ha continuato a squalare… evidentemente la mancanza di ferite sanguinanti non mi rendeva appetibile ai suoi occhi.

Mentre dirimevo il filo di Arianna delle buste da spedire e la ragazza quello dei documenti da compilare, l’osservatrice ci allietava con un sottofondo di commenti a denti stretti, sbuffi e scambi di commenti indispettiti con la squala, quando il suo girovagare la portava a tiro.
Dopo qualche minuto, e qualche numero, la ragazza è giunta alla conclusione di non avere tutti i documenti necessari e con un certo scoramento ha reimbustato il suo plico. Poi, quasi timidamente, mi ha detto che doveva andare e mi ha chiesto se volessi il suo numero. Da ottanta a settanta, certo che lo volevo! L’ho molto ringraziata e salutata, ho constatato che stavano servendo il numero sessantotto e senza farmene accorgere ho scoperto che l’osservatrice aveva il settantaquattro.

Due minuti di attesa, due lunghissimi minuti di attesa infilzato dagli sguardi delle due signore ed è arrivato il mio turno. Mentre ero allo sportello alle mie spalle si sbuffava.

Eh… certo che avrebbe potuto darlo a te, che stavi aspettando.
* Eh sì. Mah!

La mia mancanze di reazione le ha portate a ripetere una seconda volta e poi una terza, con tono via via più alto. Che il soggetto del loro biasimo fossi io o la ragazza, volevano essere certe di avermi reso edotto del crimine di lesa maestà di cui era state rese vittime. Io mi sono limitato a girarmi e a sorridere, uscendo ho ripetuto il buon giorno, senza miglior fortuna della volta precedente.

Chissà se mai si chiederanno perché la ragazza abbia deciso di proporre a me il suo biglietto e chissà quali mai potranno essere le loro ipotesi in tal senso… chissà se mai prenderanno in considerazione che l’istinto l’abbia portata a scegliere l’unica persona che non si stesse crogiolando nell’insoddisfazione.

Stay Tuned.

 

Bucoliche.

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Virgilio la sapeva lunga: la vita agreste è veramente mer(D)avigliosa!
E proseguendo sulla via di questi dotti riferimenti, se fossi un androide… avrei fiutato cose che umani non potreste immaginarvi.

Stay Tuned.

Ipotesi di manovra.

21 ottobre 2016 6 commenti

manovra-in-parcheggio

Come sapete sono un animale abitudinario. Le mie giornate sono costellate di piccoli rituali, che si ripetono uguali a loro stessi, con il minimo di variazione necessaria per rientrare nel regno animale piuttosto che in quello vegetale.

Quando salgo in macchina, per esempio, sfilo la gaccia, la metto sul sedile posteriore, tolgo i cellulari dalla tasca, li metto sul cruscotto, mi siedo, mi aggiusto sul sedile, sposto i cellulari dal cruscotto ai portabicchieri, metto la cintura… e sono pronto ad avviare il motore. Non è un affare di una mezz’ora, ma tra una cosa e l’altra può passare un minuto, che detta così pare poca cosa, ma provate a stare in auto per un minuto in attesa che quello davanti a voi liberi il un parcheggio… siamo al limite della crisi di nervi. Così, quando i posti scarseggiano, salto alcuni passaggi della mia amatissima procedura in favore di un bene più grande. Praticamente merito un Oscar al senso civico.

Giovedì scorso, o ieri come ad alcuni piace chiamarlo, dopo aver bighellonato al mercato di Portogruaro mi sono messo sulla via di casa. Avevo poca fretta e parecchie scartoffie a cui volevo dare uno sguardo, così ho meditato di sedermi in auto, cercare quello che mi interessava, trascriverlo nel blocco degli appunti e poi partire. Il piazzale era pieno e c’erano alcune auto che ci si aggiravano alla ricerca di un pertugio in cui infilarsi. Colto da un rigurgito di cortesia ho rivisto i miei programmi: prendere auto, sposarmi in un altro piazzale, leggere/trovare/trascrivere e poi tornare verso casa.

Non avevo ancora aperto lo sportello e già c’era un pretendente, con tanto di freccia lampeggiante. A riconfermare il mio odore di santità, ho messo da parte il mio rito d’ingresso e nel giro di dieci secondi ero pronto a partire.
Comincio la retro… l’autista in attesa è venuto troppo avanti.
Poco male, mi muovo lentamente così avrà il tempo di lasciarmi spazio… immobile.
Lui dietro, lo spigolo di un’altra auto in sosta davanti, per uscire dovrei fare ventontanta manovre. Aspetto, capirà… immobile.
Conto fino a dieci… immobile.
Torno in avanti, mi riparcheggio, spengo l’auto e pesco le mie scartoffie. Viene avanti, abbassa il finestrino.

– Eì.
‘Eì lo dirai al tuo scarafaggio domestico, bifolco maleducato.’ Abbasso il finestrino, sorrido.
* Sì?
– Non vai via?
* Ci ho provato, ma ho incontrato un oggetto inamovibile e non volevo correre il rischio di generare un paradosso logico ricorrendo a una forza inarrestabile.
– Eh?
* No, non vado via.

E’ andato via lui, esprimendo la sua opinione riguardo alle mie scarse doti mentali e al mio errato atteggiamento nei riguardi del vivere civile… sì, insomma, mi sono beccato dell’idiota e dello stronzo. Dietro c’era un’altra auto, ho poggiato le carte e acceso il motore, si è fermata lasciandomi ampio spazio di manovra. Io sono tornato verso casa e lui a parcheggiato.

Stay Tuned.

Sono perplesso.

buongiornobuono

Capita a tutti di incrociare qualcuno, salutare e non ricevere risposta.
Può trattarsi di maleducazione, di qualche rancore o più semplicemente la persona in questione non ci ha sentiti o non si è resa conto che ci stessimo rivolgendo a lui.

Ero in palestra, aveva appena finito di cambiarmi e stavo scendendo dallo spogliatoio verso la sala pesi.
Una signora stava facendo la strada opposta, ci siamo incontrati a metà rampa e… beh, lo scambio di battute mi ha lasciato un zinzino perplesso.

Io: Buon giorno.
Lei: Permesso.

Qualcuno può spiegarmi?

Stay Tuned.

Il lato oscuro della medicina.

10 ottobre 2016 2 commenti

medicinali

La biblioteca di Portogruare apre alle nove, io arrivo qualche minuto prima e spesso non sono il solo a gravitare nei pressi del portone, in attesa. Questa mattina eravamo in quattro: io, Englishman, ScommessaSicura e un ignoto. Essi parlavano, io udii…

SS – […] così mio cognato è andato dal medico per l’ernia e quello l’ha riabilitato.

I – Ed è ancora vivo? No, perché giù per una cosa del genere…

SS – Questi sono quelli che vengono da fuori… che non sanno. Quello era andato per prendere di più e invece adesso non prende neanche i quattrocinquecento euro di pensione di invalidità di prima.

Da lontano una voce si sovrappone alle loro… ed eccomi catapultato ai confini della realtà.

ai-confini-della-realta-twilightzone

Un luogo dove il compito dei medici non è curare, ma garantire un livello di malessere tale da permettere di rientrare nella felice categoria degli invalidi… o mentire quel tanto che basta per ottenere il medesimo risultato.

Stay Tuned.

Permesso, scusate… ho fretta.

23 settembre 2016 Lascia un commento

Devo accaparrarmi questo genio della pubblicità prima che la Coca-Cola me lo freghi.

Sta Tuned.

Troll di prato.

12 settembre 2016 Lascia un commento

babytroll

Pocanzi mi dedicavo alle meraviglie di quel rito antico ma sempre attuale che prende il nome di colazione. Sorseggiavo il mio latte macchiato quando… squeeksqueeksqueek.
Una famigliola lungo il marciapiedi. Lui e lei, ragguardevolmente tatuati e il pargoletto con delle ciabattine antifurto che scricchiolavano ad ogni passo.

Entrano nella veranda, scelgono un tavolo e prendono posto.
Il pupo, due anni circa, scruta i genitori e quando è certo che siano seduti si sposta sul tavolo accanto. La madre lo chiama e lui si guarda intorno, indifferente, con le gambette che ciondolano. La madre va a prenderlo e lui si lascia portare a peso morto, imbronciato e con le braccia incrociate.

Ordinano. Attende.
Vengono serviti. Attende.
Prendono il primo sorso. squeeksqueek squeek. Scende dalla sedia e si muove di qualche passo intorno al tavolo.
La madre lo osserva. squeek. squeeksqueek squeek. Gironzola tra un genitore e l’altro.
La madre si distrae. squeeksqueek squeeksqueequeequeequeek. Prende la fuga.

Viene recuperato e rimesso a sedere. Se solo avesse palla e guantone sarebbe una buona approssimazione di Steve Mcqueen, battuto ma non sconfitto.

Dopo il caffè la madre si allontana. E’ l’ora della sigaretta e ha la cortesia di non fumare tra gli altri avventori, oltre all’accortezza di non dividere il tabagismo con il bimbo.
Accende la sigaretta, prende un tiro. squeequeequeequeek. La raggiunge al trotto, colto da un’improvviso slancio d’affetto e si protende per essere preso in braccio. Con incredibile tempismo si è ricordato che lo spietato carceriere è anche sua madre.

Perché non tutti i troll vivono nella rete.

Stay Tuned.