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Archive for the ‘Fatterelli Buffi’ Category

Risus Interruptus.

19 dicembre 2014 4 commenti

Con la riapertura dell’anno scolasico, la pausa pranzo in quel di Portogruaro è divenuta una selva selvaggia di ragazzini più o meno chiassosi e della variegata umanità rappresentata dallo scorrazzare dei loro branchi. Per la maggior parte si tratta di creature pittoresche, che non fanno del male a nessuno – al limite al buon gusto – ma ci sono delle sgradevoli eccezioni.

Attraversavo un parcheggio, quando la mia attenzione è corsa al garrulo ridacchiare di tre giovinette, che si aggiravano tra le auto scambiandosi occhiate di complicità e battute troppo frenetiche perché potessi comprenderle. Gioventù allegra, beate loro, piacevole alternativa ai musi lunghi che fin troppo spesso capita d’incrociare. Il germinare di questo seme d’ottimismo è appassito all’istante: le tre mocciose stavano spiaccicando cose su parabrezza e finestrini e ragliavano per celebrare quest’alta opera d’ingegno.

Ho rallentato, le ho puntate e mi sono fermato a qualche passo di distanza, sguardo fisso e braccia incrociate al petto.
La prima se n’è accorta subito. Io fissavo lei e lei fissava me.
La seconda ci ha messo qualche secondo, il tempo di inzaccherare un nuovo parabrezza. Io fissavo loro e loro fissavano me.
La terza si è resa conto di essere restata l’unica a ridere e ha cercato il motivo del silenzio delle amichette. Tutti fissavano tutti, era arrivato il momento:

 

RabbiaChe cazzo state facendo alla mia auto?

 

Il fissa fissa è diventato un fuggi fuggi e mentre la gazzelle (alquanto sgraziate) fuggivano, il leone (paffuto) sorrideva placido e soddisfatto. Finito lo spettacolo mi sono rimesso in marcia verso l’auto… che stava da tutt’altra parte del paese.

Stay Tuned.

Eleganza.

13 dicembre 2014 8 commenti

Dante AlighieriNel mezzo del cammin di nostra vita,
mi ritrovai dinnanzi a una larga vetrina,
chè la decenza avea smarrita.

Possa Dante perdonarmi una simile libertà, ma ciò che a lui ha fatto la selva aspra e dura – quella stessa sensazione di timore viscerale – ha colpito me, quando mi sono trovato al cospetto dell’immane eleganza, della trascendente sobrietà, del negozio in questione.

Mi è mancata l’occasione – e forse anche il cuore – per fotografarlo, ma San Google mi è corso in aiuto e grazie a lui posso condividere con voi, se non il caso specifico, per lo meno la sensazione generale.

ModaClownModello n°5, Giuditta: Colori tenui, accostamenti armonici e un taglio classico, per valorizzare la vostra immagine, tanto al lavoro quanto nelle più raffinate occasioni mondane.

ModaClown2Modello n° 69, Moana: Trasforma in seduzione ogni tuo gesto, grazie a sensuali trasparenze e a un ammiccante vedo e non vedo.

ModaClown3Modello n° (x-3=x), Malkav: Squisita miscellanea di classicismo neoromanico e piccante modernità, sii l’anima della festa, pur senza sacrificare la tua natura di damigella cortese.

Osservo, studio, scruto, soppeso, valuto e immancabilmente opino:

– CheMMerda, come si può avere così tanto cattivo gusto? Cioè, neanche un daltonico sotto anftetamine.

Parlo da solo, ma parlo e accanto a me c’è chi ascolta. Mi accorgo della presenza da un riflesso sulla vetrina, mi volto e mi trovo catapultato in un film dell’orrore: i manichini hanno preso vita e abbandonano le vetrine per saziare la loro sete di sangue… ah, no, è solo una tizia che indossa un abito orribile, probabilmente comprato in quel negozio. Abbozzo un sorriso, lei mi guarda indignata e poi ognuno si fa i casi suoi, potrebbe essere finita, ma il destino ha ben altro in serbo per noi.

Una vocetta accesa caracolla verso di noi “Zia, zia!” e la donna si volta per accogliere l’arrivo della nipotina, una bimbetta di quattro o cinque anni. Mentre la madre le raggiunge, la bambina osserva la zia e la vetrina e quando il terzetto si riunisce, fissa seria seria la genitrice:

* Mamma, quando arriva carnevale?

Mi defilo, prima di esplodere a ridere, la carenza di ossigeno mi renderebbe una facile preda per la zietta, rossa di stizza, che su qualcuno deve pur sfogarsi, non potendosela prendere con il sangue del suo sangue.

Ah, la voce dell’innocenza.

Stay Tuned.

In principio era il Verbo…

13 ottobre 2014 7 commenti

Il Verbo

il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.

.oOo. .oOo. .oOo.

Durante il periodo caldo del lungo autunno che ci ha accompagnato a partire dallo scorso settembre, in quel di Portogruaro c’è stato un puccioso fiorire di paperelle, con intere famigliole che navigavano lungo i canali e si dividevano l’attenzione – e i regalucci alimentari – di bambini e turisti. Per evitare di abboffarli con becchime umano che avrebbe potuto far loro più male che bene, mi sono limitato a scattare un sacco di foto.

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Mentre mi sporgevo come un idiota per riuscire a catturare il magico momento in cui uno dei paperotti se ne stava a culo all’aria per meglio grufolare il fondale, mi è capitato di coglire uno scambio di battute tra una giovane madre ed un pargoletto di una manciata d’anni. Non ne ricordo ogni parola, ma più o meno è andata così:

– Mamma, mamma, hai visto? Le papere bambino con la papera mamma e la papera papà… paPPeraPPaPPà… che belle.

* E che buone fatte al forno.

Il pupo aggrotta la fronte, non sembra molto convinto, anzi disturbato dalla prospettiva ventilata dalla madre; le lancia un’occhiataccia, poi torna a guardare le bestiole.

– Ohhh, come nuota veloce quello… però quello è più bravo, non si allontana dalla mamma, le gira intorno.

* Mhsì. Al forno con le patate, buonissimi!

La donna sorride divertita – compiaciuta dalla propria battuta – il bimbo abbassa il braccio, si disinteressa alle papere e riprende a camminare, forse nel tentativo di allontanare la furia predatoria materna dalle bestiole.

Ora, sono ben lontano dall’essere un vegetariano e credo di aver chiaramente espresso la mia opinione riguardo a chi trasforma quel genere di scelte di vita in crociate, ma ho trovato molto di cattivo gusto l’atteggiamento della donna. A parte lo squallore del ridurre un essere vivente a nulla più del modo in cui puoi utilizzarlo, c’è l’aver costretto il bambino a guardarlo nello stesso modo, privandolo dell’incanto che è proprio della sua età.

Certo, sorrideva e nel parlare ha usato un tono faceto, ma non si può pretendere che un bambino sia in grado di cogliere la differenza, senza contare che lo stesso atteggiamento avrebbe dato fastidio anche a un adulto. Proietto la stessa famiglia nel futuro, immagino come potrebbe reagire la donna se si rendesse conto che il figlio la considera la sua futura elargitrice di eredità e mi domando se, giunta a quel punto, si renderà conto di averlo “programmato” in quel modo fin da bambino, o se lancerà strali di indignazione contro la propria prole snaturata.

La parola come strumento creativo, la parola come simbolo del potere divino, la parola come mezzo per dare forma alla realtà… mica scemi del tutto i cristiani. E, se ognuno di noi detiene questo potere, perché non esercitarlo in modo più consapevole? Se non nell’illusione di poter creare un “mondo migliore” almeno come espressione del nostro divino egocentrismo.

Stay Tuned.

 

I vantaggi dell’essere solo…

5 ottobre 2014 3 commenti

Le Tre Scimmie
Ero in auto, me ne tornavo a casa dopo la palestra, e nel fermarmi ad un semaforo ho visto tre ragazzi seduti alla fermata dell’autobus.

Uno teneva le mani sulle orecchie (per coprire le cuffie ed ascoltare la musica)
Uno teneva le mani sulla bocca (per mangiarsi le unghie)
Uno teneva le mani sul viso (chino in avanti)

Insomma, una rappresenazione vivente – e squisitamente casuale – delle celeberrime Tre Scimmie Sagge. Stanco e distratto dalla guida, privo del filtro che abitualmente si trova tra pensiero e parola, ho commentato tra me e me:

Toh, guarda le tre scimmiette.

Per fortuna ero in auto, per fortuna ero solo, perché nel dirlo mi sono reso conto che i tre ragazzi erano afroamericani e se mi fossi trovato in mezzo alla gente… parole equivocate, sguardi di biasimo, imbarazzo e una sfavillante etichetta da razzista.

E non sarebbe stata nemmeno la prima volta… ma questa è un’altra storia.

Stay Tuned.

Monumenti.

27 settembre 2014 6 commenti

Dato per scontato che tutti la conosciate almeno di nome, chi di voi non ha mai visitato Pisa? Io vi consiglio di farlo, è una città molto graziosa – forse un po’ troppo turistica – con dei monumenti la cui bellezza supera di gran lunga la fama. Visto e considerato che la Piazza dei Miracoli è stata definita patrimonio dell’umanità fin dal lontano 1987, direi che non è poco.

Quando penso alla Piazza dei Miracoli, vedo decine di studenti spiaggiati sul prato tra libri e chiacchiere e il formarsi di piccoli gruppi attorno a chittarre o sedicenti artisti. Un piccolo mondo nascosto ed avvolto da quello più chiassoso e colorato delle comitive di turisti, che rimpallano tra la Cattedrale, il Battistero e – ovviamente – il Campanile.

Già, perché se Pisa è conosciuta nel mondo è principalmente per l’incapacità degli architetti pisani che tra il dodicesimo ed il quattordicesimo secolo si sono intestarditi a tirar su cinquantasei metri di pietra su terreno cedevole. E se la Torre di Pisa è diventato uno dei simboli dell’Italia del mondo (beh… facciamocele due domande) una delle tradizioni più radicate dei visitatori della Piazza dei Miracoli è sicuramente quella della Foto con la Torre.

Basta guardarsi intorno, a qualsiasi ora del giorno e della notte, per vedere gente con le braccia tese nel vuoto. Zombie? No, direte voi: burloni della prospettiva che si fingono impegnati nel sorreggere il peso del monumento pendente.

Non sempre, rispondo io…

Torre di Pisa
Peccato non sia bionda, o avremmo realizzato un altro luogo comune oltre a quello della foto prospettica.

Distrazione? Voglia di andare controcorrente? Scelta di offrire il profilo migliore all’obbiettivo? Falsa bruna?

A mio avviso niente di tutto questo, si tratta di conflitto di interessi! Già, perché la foto non le rende giustizia, ma la signorina in questione ha delle tette monumentali e, evidentemente, è determinata ad eliminare la concorrenza.

Stay Tuned.

Favole moderne.

Vi siete mai chiesti come passino l’estate i protagonisti delle fiabe?
Dei vipS sappiamo ogni cosa: dove siano, con chi e quasi ogni dettaglio di cosa facciano, ma sulle vacanze di Biancaneve, del Gatto con gli Stivali o di Hansel e Gretel nessuno ci dice mai nulla…

Per questo sono corso ai ripari e dopo lunghe indagini eccomi qui con uno scoop degno della coperina di qualsiasi giornaletto scandalistico:

Cenerentola a Lignano! Scoperta, la ragazza è fuggita, ma ha lasciato prova inconfutabile del suo passaggio.

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Stay Tuned.

Posti a sedere.

24 agosto 2014 2 commenti

Come già detto: sono una creatura abitudinaria.
Giovedì scorso, dopo colazione, sono tornato in biblioteca, pronto ad affrontare la mattinata di lavoro e sono stato accolto dal verboso concionare di un signorotto, che sbuffava come se davanti a sé ci fosse la casa di mattoni dei Tre Porcellini.

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In sala c’erano lui, un signore che leggeva il giornale, una ragazza che studiava e due posti occupati, l’uno dalle mie scartoffie e l’altro da un pc. Ebbene, il fatto che qualcuno avesse avuto l’ardire di occupare dei posti, sé assente, aveva malamente indispettito il signorotto e lo aveva spinto a illustrare et argomentare il suo disappunto, con la verve di un generale prima di una battaglia. Il risultato era – ovviamente – disturbare la ragazza che stava cercando di studiare e ottenere delle blande smorfie di risposta dal lettore di giornale che, per l’appunto, si trovava lì per leggere il giornale e non per partecipare a una crociata.

– Ah, questi ragazzi… vengono, occupano il posto e poi se ne vanno in giro; sono capaci di tenerlo occupato tutto il giorno per usarlo mezz’ora… o magari vengono solo a riprendersi le loro cose. E si arrabbiano anche se qualcuno le sposta perché deve sedersi. Ma dovrebbero essere i segretari della libreria a pensarci… dovrebbero spostargli tutto negli armadietti e liberare i posti, così la prossima volta non lo farebbero più.

Non sono sicuro di ogni parola, ma i “segretari della libreria” mi sono rimasti impressi.

Ho preso posto, spostato le mie scartoffie – sperando intensamente che credesse che stessi mettendo in pratica il suo dicto – e preparato il computer. Non ha detto nulla, ma mi ha lanciato un’occhiata indagatrice alla quale non ho saputo resistere.

* Mi duole che il mio fare colazione la disturbi, ma non si preoccupi: ora mi siedo e – a parte una mezz’oretta di pausa pranzo – me ne starò seduto a lavorare fino all’ora di chiusura.

La ragazza ha apprezzato l’ironia, lui meno, ma a parte borbottare qualche cosa tra i denti non ha espresso i pensieri che gli ingrigivano il volto. Sarà per la prossima.

Stay Tuned.

Uomo morto che pedala.

Gli americani si riferiscono ai condannati a morte come “dead man walking” – uomo morto che cammina – una gioviale usanza nata dall’ultima passeggiata che i condannati fanno dalla loro cella fino alla stanza dell’esecuzione.

In Italia dovremmo codificare la categodia di ciclisti degli uomini morti che pedalano, per raccogliere tutti i casi clinici che fanno della strada il loro tentativo di vincere il premio Darwin.

Ciclista Pazzo
Le strade, si sa, sono luoghi pericolosi che brulicano di autisti incompetenti, perfetti idioti e aspiranti criminali e spesso a farne le spese sono quelli privi di un solido abitacolo in grado di trasformare impatti fatali in contusioni e danni alla carrozzeria. Ciclicamente – ironia delle parole – i notiziari riportano notizia di ciclisti falciati da pirati della strada o morti per fatali scherzi del destino, ma non sempre sono loro le vittime.

Parafrasando Ramòn Rojo: “Quando un uomo con l’automobile incontra un uomo con la bicicletta, l’uomo con la bicicletta è un uomo morto.” ed è facile farsi ingannare dall’equazione morto = vittima. Spesso i ciclisti – patentati o meno che siano – si prendo delle libertà criminali, reinterpretando il codice della strada, dimenticandosi che loro sono veicoli a trazione animale e devono sottostare alle stesse regole di tutti gli altri.

Cambiano corsia senza segnalarlo, sorpassano a destra, tagliano la strada in curva, ballonzolano qui e lì nella corsia, non usano le piste ciclabili, non rispettano gli stop, passano con il rosso… ed è stato proprio questo il peccato dell’ultimo che ha cercato di farsi uccidere dal sottoscritto.

Ero fermo al rosso di un semaforo, per immettermi in una statale e quando è scattato il verde ho iniziato la manovra. Siccome è una strada trafficata e non è raro che qualche pirla passi con il rosso, ho l’abitudine di fare parecchia attenzione a chi viene da destra ed è solo per questo che il ciclista può ancora pedalare. Non ha fatto nemmeno finta di rallentare: ha superato sulla sinistra le macchine in coda ed è passato. Non si è nemmeno tenuto sul margine destro della strada, era bene al centro, proprio dove avrebbe dovuto essere il muso della mia auto se non avessi frenato.

Odio laGGente.

Stay Tuned.

Corsie preferenziali.

Rieccoci a parlare di piste ciclabili e lavori pubblici di precisione certosina.
Dopo i paletti infissi in un intorno del punto previsto – con delta piuttosto generoso – è la volta della suddivisione in corsie. In questo caso non posso riportare alcuna testimonianza diretta, perché non ho avuto occasione di assistere alla pitturazione… purtroppo.

Durante la mia roccambolesca carriera scolastica ho avuto modo di amare e odiare e nella lista delle cose che ho odiato c’è per certo il curvilineo. Lo avete presente? Quell’aggeggio che sembra disegnato da Walt Disney sotto acidi, pieno di curve che hanno la capacità speciale di non adattarsi mai al tuo problema? Dopo aver tentato e ritentato, dopo aver unilateralmente deciso che improvvisandole a mano libera ottenevo un risultato migliore, ho stabilito che trattasi di uno strumento del demonio, creato con l’unico scopo di portare l’uomo alla bestemmia.

Ebbene, gli operai che hanno fatto le righe devono appartenere alla mia stessa sQuola di pensiero.

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E io non posso fare a mano di immaginarmeli all’opera con un gigantesco strumento del demonio, sbuffare e imprecare, fino al momento in cui hanno deciso di gettare la spugna e hanno tracciato la riga ad occhio. L’occhio malandato di un orbo, evidentemente.

Con la genesi delle piste ciclabili (per il momento) ho finito. Alla prossima per parlare di ciclisti…

Stay Tuned

Qui, proprio qui.

Le piste ciclabili sono sempre più numerose e Lignano si è tenuta al passo con i tempi mettendo in piedi diversi cantieri per dotarsi di quelle serpeggianti stradine bordate di giallo.

Quella parallela al Viale Europa si snoda tra curve, dossi e discese, attraverso a un tripudio di alberi e cespugli fioriti. Un po’ scomoda da percorrere – forse è per questo che molti ciclisti continuano a stare in mezzo al traffico e a cercare di trasformarmi in un omicida – ma molto, molto graziosa.

Dal punto di vista di lavori pubblici, il tratto più entusiasmante è senza dubbio quello che attraversa Bevazzana e che zompa oltre la Litoranea Veneta grazie ad un’apposita passerella per velocipedi che è stata aggiunta al ponte. Inutile dire che realizzare un’opera simile non sia stata faccenda di pochi giorni, bensì di anni di lavoro e abbia richiesto l’intervento di specialisti di diversi settori, dalla viabilità all’ingegneria civile.

In particolare ricordo di aver incrociato una squadra di tecnici che stava decidendo la collocazione dei paletti per precludere la ciclabile all’ingresso delle auto. Due o tre uomini, armati di furgone, cordelle metriche, cartelletta e bomboletta di vernice che si sono fermati a discutere su quale fosse la miglior soluzione per eliminare il rischio degli sconfinamenti e poi l’hanno marcata sull’asfalto.

Quando sono ripassato, diversi giorni dopo, degli operai erano passati alla fase attuativa. Operai, non tecnici, uomini pratici, non raffinati sofisti e così…

Paletti
Questo per quanto riguarda i paletti, in seguito vi parlerò anche della segnaletica orizzontale…

Stay Tuned.